Le Grandi Battaglie

Guerre francesi di religione

di Ornella Mariani
Guerre francesi di religione
Guerre francesi di religione

Guerre francesi di Religione furono gli otto conflitti che opposero Protestanti e Cattolici nella seconda metà del XVI secolo, insanguinando la Francia e mettendo in discussione la legittimità delle Istituzioni romane ed i fondamenti della religione cristiana.
Le persecuzioni attuate in danno dei Primi dall’intransigenza fanatica dei Secondi si registrarono negli anni ’20, intensificandosi nel 1559 in esito alla morte di Enrico II, quando le varie famiglie aristocratiche usarono la fede come strumento utile al conseguimento del potere.

Iniziati nel 1562, gli scontri si attenuarono nel 1598 con l’emanazione dell’Editto di Nantes alla cui revoca, tuttavia, ripresero protraendosi a tutto il 1788, quando Luigi XVI pubblicò l’Editto di Tolleranza. Alla base interagirono la miseria; i debiti contratti dalla Corona; il traffico delle cariche pubbliche; l’aumento delle imposte dirette e indirette che, provocando violente rivolte, penalizzarono i Ceti popolari e danneggiarono gli interessi della piccola e media Aristocrazia di Provincia: il calo dei consumi interni produsse il crollo dei mercati con i Paesi esteri e i pagamenti effettuati con moneta svalutata, in specie dalla Spagna, immisero nel Paese una enorme quantità di argento di provenienza coloniale in grado di condizionare il tradizionale rapporto di valore con l’oro e di determinare una fortissima crisi monetaria.

Il Riformismo religioso, allora, debordò in àmbito sociale e nella pretesa delle Classi urbane, operaie, artigiane, borghesi di secolarizzare i beni ecclesiali per fornire soluzione al crescente disagio. Per contro, l’assolutismo reale e la mancata convocazione degli Stati Generali continuarono a garantire privilegi fiscali e proprietà feudali dell’Aristocrazia, malgrado la Corona concedesse alla Borghesia un protezionismo economico che, limitando l’importazione dei prodotti stranieri, facilitasse l’esportazione delle merci nazionali.
Di fatto, la Chiesa e la Monarchia avevano rapporti alterni da secoli, l’una tenendosi autonoma da Roma; l’altra amministrando anche un potere confessionale enorme, attraverso immunità che, sancite già all’atto dell'incoronazione, non di rado posero la politica estera del Governo centrale in contrasto con quella papale. In quegli anni, la giovane età di Francesco II e Carlo IX consentì a tre grandi Famiglie di gestire la politica lottandosi per l’egemonia.

Erano i Montmorency che, in particolare nella persona del Connestabile Anne, esercitarono profondo ascendente su Enrico II e che, pur divisi fra Cattolici e Protestanti, sodalizzarono per arginare il crescente potere dei rivali Guisa, scaturendone una sorta di guerra privata con ricadute esterne di grande portata. Parte di essi morì in campo o assassinata, parte finì in galera o al bando rinascendo solo durante il mandato di Enrico IV; i Guisa, principali referenti della fazione cattolica e cugini del Duca di Lorena. Di essi raggiunse grande prestigio il Cardinale Enrico. Spesso isolati dalla Reggente Caterina de' Medici per la loro inflessibilità, nel 1588 destituirono e cacciarono Enrico III da Parigi; i Borboni, le cui fratture interne si ricomposero solo alla morte dell’ultimo Valois, quando ereditarono la corona francese. Discendenti di Luigi IX e partigiani dei Protestanti, ebbero come esponenti di spicco Luigi I di Condé, il figlio Enrico I, Antonio ed il figlio Enrico III di Navarra.

Sui conflitti religiosi intervennero anche le interferenze dei Paesi vicini: dopo la Battaglia di san Quintino del 1557 e il Trattato di Cateau-Cambrésis del 1559, la indebolita Francia perse la supremazia continentale a vantaggio della Spagna e divenne un campo di scontro espansionistico. Filippo II, infatti, sostenendo i Cattolici dei Guisa, puntava alla parte settentrionale del Regno di Navarra contro l’Inghilterra che, sostenendo i Protestanti di Montmorency, mirava ad impadronirsi di Calais.
Nel tentativo di salvare l’immagine del Paese, il Re di Francia si alleò con la Svizzera e con il Papato.

Inizio del conflitto

I primi problemi religiosi maturarono durante il governo di Francesco I che riteneva la dottrina protestantica pericolosa per la stabilità della Corona: egli si oppose fermamente alla distruzione delle reliquie e, a partire dall'Affaire des Placards1, attuò dure persecuzioni.
Durante il rigoroso governo del figlio Enrico II, le tensioni aumentarono: al movimento calvinista aderirono gran parte della Borghesia, degli Artigiani e dell’Aristocrazia e l’odio dei Cattolici, sedicenti depositari della fede, esplose violento in un clima di guerra civile appesantito dalla guerra alla Spagna e, nel 1559, dalla morte del Re.

L’anno successivo, le avverse fazioni tentarono di manipolare il giovanissimo Francesco II, vittima della influenza degli integralisti Duca di Guisa e Cardinale di Lorena. I Riformati se ne sentirono sfidati e, guidati dal Principe di Condé, tentarono il colpo di mano degenerato nella Congiura di Amboise.2
Nel 1560 fu tregua: assunta la reggenza per il figlio Carlo IX, Caterina de’ Medici cercò una mediazione fra le parti incontrandole col Cancelliere Michel de l'Hospital nel celebre Colloquio di Poissy.3 Seppur ogni soluzione vi fu ritenuta impraticabile, de l'Hospital riuscì ad attenuare le persecuzioni contro i Protestanti che, nel 1561 e nella sola Francia, erano oltre due milioni.
A fronte del montare delle violenze, il 17 gennaio del 1562, la Reggente promulgò l'Editto di Saint-Germaine-en-Laye4 nel quale veniva sancita la libertà di coscienza e di culto ai Protestanti, a condizione che restituissero i luoghi già cattolici di cui si erano appropriati.

I Guisa le opposero il Massacro di Vassy5, a premessa della drammatica Notte di san Bartolomeo.
Le Guerre francesi di religione, in definitiva, si distinse in tre periodi: 1) l'offensiva protestantica dal 1560 al 1572, conclusa dalla strage del 24 agosto del 1572; 2) l'offensiva dei Malcontenti, dal 1572 agli anni ‘80, con politicizzazione del conflitto guidato da Francesco d’Alençon, figlio di Caterina e fratello dei Re Carlo IX ed Enrico III; l'offensiva cattolica dagli anni 1580 a 1599, segnati dalla controRiforma.

La prima guerra di religione: 1562–1563

Il 1° marzo del 1562, reduce dall’Alsazia, il Duca Francesco di Guisa uccise a Wassy trentasette Protestanti impegnati nella celebrazione del culto e, una volta a Parigi, vi fu acclamato capo della crociata antiugonotta.
Per contro, il Principe Luigi di Condé armò i suoi ed occupò Orléans.
Sopraffatta dal precipitare degli eventi, la Reggente tentò di sedare la concitazione ma il Guisa si presentò scortato nella sede reale di Fontainebleau e la costrinse, col giovane Re, a seguirlo nella capitale: col pretesto di proteggerli dai Riformati, di fatto voleva farsi vedere in loro compagnia per millantarne la solidarietà.

Cominciò così la prima guerra: i Protestanti si impadronirono in un mese di molte città importanti, da Lione a Rouen e saccheggiarono le chiese ma furono sconfitti dai Cattolici a Tolosa e a Bordeaux.
Il conflitto coinvolse molte aree: il bacino della Loira; la Normandia; la Linguadoca; il Sud/Est e il Sud/Ovest ove Blaise de Montluc annientò i Protestanti a Vergt, sottoponendoli a repressioni terrificanti.
L’esercito riformato era costituito precipuamente da Mercanti e Artigiani, supportati da Mercenari tedeschi che, dopo il trattato di Hampton Court, ottennero l'appoggio inglese; ma la Battaglia di Dreux del 9 dicembre del 1562 si risolse in una disfatta: i Cattolici presero il Principe di Condé ma subirono la perdita in campo del Maresciallo di Saint-André e la cattura del Connestabile Anne de Montmorency.

Anche i due Comandanti cattolici Antonio di Borbone e Francesco di Guisa furono presto uccisi: l’uno nell'assedio di Rouen; l’altro in quello di Orléans, in un'imboscata a Saint- Mesmin. La loro scomparsa consentì a Caterina di ristabilire la pace. Le trattative col Principe di Condé furono concluse il 19 marzo del 1563 dall’Editto di Amboise che autorizzava i non nobili protestanti a celebrare il culto in un solo luogo per ciascun Distretto amministrativo e restituiva ai Cattolici Rouen, Orléans e Lione, sedi della più fanatica intransigenza.
La pace durò poco: nel 1563 furono instaurati numerosi processi contro i Protestanti per sacrilegio e distruzione di chiese e reliquie e nel 1564 Caterina visitò tutta la Francia col giovane Carlo IX, per esibire ai sudditi il Re come unico garante della stabilità nazionale.

La seconda guerra di religione: 1567/1568

Nel 1567 le ostilità riportarono il subbuglio nel Regno a causa del fallimento dell’Editto di Amboise, che di fatto garantiva la libertà di culto solo ai Nobili; del turbolento contesto politico internazionale; della rivalità fra il principe di Condé ed il giovane fratello del Re: il futuro Enrico III.

Un anno prima, una violenta levata di scudi iconoclasta si era abbattuta sulle chiese e sui conventi delle Fiandre: la ribellione, nota col nome di Rivolta dei Pezzenti, era stata repressa dagli Spagnoli; ma l’Aristocrazia locale ne aveva approfittato per reclamare l’indipendenza.
Sedata l’insurrezione, Filippo II spedì in missione punitiva un esercito il cui passaggio lungo le frontiere francesi rinnovò i timori della Corona, inducendola ad armare battaglioni svizzeri per prevenire un eventuale attacco. La leva inquietò i Protestanti, già irritati dall’incontro segreto che Caterina e l’Ambasciatore di Spagna, tennero a Bayonne e che fu interpretato come un accordo delle due dinastie in loro danno derivandone, a margine anche della deludente esperienza di Maria Stuart in Scozia, il massacro della Michelade.6

La guerra esplose il 28 settembre del 1567, quando il Principe di Condé tentò di sequestrare la famiglia reale con la cosidetta Sorpresa di Meaux. L’azione di costui fu considerata un tradimento: Caterina decise di ricorrere alla forza e, quando le città protestanti del Sud si sollevarono, la parola passò alle armi. Alla testa dei Riformati, Condé si stabilì a Saint-Denis, deciso a prendere Parigi per fame; ma il 10 novembre fu respinto e nello scontro cadde Anne de Montmorency.
La campagna militare impegnò il Sud-Est, tra la Loira e la Mosa: da novembre del 1567 al febbraio del 1568, il Duca d’Anjou provocò le truppe protestanti ma Condé e Coligny rifiutarono di combattere, aspettando i rinforzi Tedeschi del Principe palatino Casimiro.
Pertanto, lasciata l’area della Senna, puntarono alla Lorena. Per contro, l’esercito reale attese i rincalzi del Duca di Sassonia e del Piemonte.
Consolidati, assieme ai Tedeschi, i Protestanti scesero in Borgogna; attraversarono la Loira a La Charité; risalirono in direzione di Parigi e presero Blois e Chartres. Tuttavia, la esiguità economica indusse le parti alla tregua di Longjumeau del 22 marzo del 1568.

La terza guerra di religione: 1568/1570

Consapevole della fragilità della tregua, il Governo maturò il proposito di coordinare tutte le forze europee per contrastare il Protestantesimo.
Le parti intanto si riorganizzarono: il 20 luglio del 1568 i Cattolici tentarono di prendere il Condé nel castello di Noyers e l’Ammiraglio de Coligny a Tanlay. I Protestanti si riunirono a La Rochelle.
La guerra riprese nell’Ovest, a Sud della Loira: in gioco c’erano le città riformate tra la Charente e la Dordogna, ambìte dal Duca d’Anjou in attesa di aiuti da Filippo II e da Pio V. Gli avversari attendevano, invece, l’arrivo del Principe d’Orange e del Duca de Deux-Ponts, i cui uomini erano finanziati dagli Inglesi.
Il 3 marzo del 1569 l’Angioino vinse a Jarnac, dove Luigi Condé restò ucciso e dove Coligny nominò Enrico di Navarra ed Enrico di Condé Capi ugonotti mentre il Deux-Ponts irrompeva in Borgogna e occupava La Charité- sur- Loire.
Il Re si recò ad Orléans.

Il 25 giugno il de Deux-Ponts morì, mentre Coligny batteva i Cattolici a La Roche-l’Abeille. L’Anjou recuperò tutte le città protestanti del Poitou e Lusignano ed assediò Saint- Jean- d’Angély, crollata il 3 dicembre del 1569: l’arrivo dell’inverno e la mancanza di denaro favorirono la ripresa dei negoziati.
Le ostilità cessarono.
Nel perdurare delle trattative, l’Ammiraglio scese nel Sud e vinse la Battaglia d’Arnay-le-Duc del 27 giugno del 1570. La circostanza accelerò la definizione della pace di Saint-Germain dell’8 agosto, garantendo ai Protestanti il controllo delle piazzeforti di Cognac, La Rochelle, Montauban e La Charité –sur-Loire.

La quarta guerra di religione: 1572/1573

Cominciò col massacro della notte di san Bartolomeo del 24 agosto del 1572.
Caterina aveva combinato le nozze della figlia Margherita col Principe riformato Enrico di Navarra. Il matrimonio, fissato al 18 agosto ed opposto dai Cattolici, richiamò a Parigi una gran numero di Ugonotti.
Si vuole che ella decidesse di eliminarli tutti per porre termine ai conflitti.
Enrico di Guisa diresse la strage: dalla sera del 23 agosto al mattino del 24, migliaia di Protestanti furono assassinati nelle loro case. Fra essi, l'Ammiraglio Coligny, pugnalato e gettato dalla finestra della sua residenza.

Gli eccidi contagiarono anche Orléans, Troyes, Rouen, Bordeaux e Tolosa ma, la guerra continuò anche per il fallimento dell’assedio di La Rochelle da parte cattolica.
In quella fase, fu rimessa in discussione l’autorità del potere reale, sia attraverso la costituzione dell'Unione dei protestanti del Midi: una sorta di governo parallelo che imponeva imposte, organizzava gli Stati generali, manteneva un suo esercito e trattava col Governo centrale; sia attraverso la pubblicazione di scritti contestanti il principio d’ereditarietà della Monarchia e la legittimità della Reggenza, particolarmente se amministrata da una straniera.

Nello stesso periodo a Péronne, su iniziativa dei Guisa, si costituì la Lega Cattolica cui aderirono Nobili e Borghesi della Francia settentrionale. La capeggiò parte dell’Aristocrazia sfruttando il disagio politico per indebolire l'autorità della Corona: gli oneri di finanziamento bellico avevano aumentato la pressione fiscale su una popolazione sempre più impoverita. Oltre a provocare agitazioni in varie regioni, non potendo ulteriormente tassare le campagne, l’Autorità centrale prese ad esigere anche da quelle città amministrativamente autonome conseguendone una crescente ostilità nei confronti dei Valois.

La quinta guerra di religione: 1574/1576

La guerra si riaprì con il complotto dei Malcontenti, ovvero Cattolici moderati assai più preoccupati dalle conseguenza politiche prodotte dalle frequenti guerre, piuttosto che da quelle religiose. A fronte del sostegno fornito dal Re agli Integralisti, essi si raccolsero intorno al giovane Duca Francesco d’Alençon contro il fratello Carlo IX e l'altro germano Enrico Duca d'Anjou, la cui influenza ebbe culmine dopo la strage di San Bartolomeo. Lasciata la Francia, per occupare il trono polacco, egli favorì numerose speculazioni.

Al complotto tramato dall'Alençon per escluderlo dalla successione, aderirono i Protestanti della casa dei Montmorency, del Re di Navarra e del Principe di Condé, recatosi in Germania per trovare aiuti; di Gabriele I di Montgomery in procinto di sbarcare in Normandia col sostegno inglese; di Ludovico di Nassau e del Turenne.
La congiura, però, fallì e furono arrestati il Maresciallo François de Montmorency e François Cossé- Brissac.
Morto Carlo IX, il Duca d'Anjou lasciò il trono polacco per insediarsi su quello francese col nome di Enrico III e non si accordò col Governatore della Linguadoca, esigente la liberazione del fratello prigioniero dei Cattolici.

La guerra iniziò qualche mese dopo con la fuga del d'Alençon e, sei mesi dopo, di quella di Enrico di Navarra. Malgrado la vittoria di Dormans del 10 ottobre del 1575 conseguita dal Duca di Guisa, la minaccia di Giovanni Casimiro, figlio del Conte palatino del Reno chiamato dal Principe di Condé, indusse il Sovrano a firmare il 6 maggio del 1576 l’Editto di Beaulieu: vi si sanciva la libertà confessionile protestantica, si concedevano quattro piazzeforti, si riabilitava la memoria di Coligny e assegnavano ampi benefici al d'Alençon.

La sesta e la settima guerra di religione: 1576–1580

La sesta guerra fu la conseguenza delle troppo favorevoli concessioni accordate ai Protestanti e ai Prìncipi con l’Editto di Beaulieu. Il Re riuscì a riprendere qualche città ma rinunciò alle operazioni per mancanza di mezzi.
Il conflitto cessò con l’Editto di Poitiers del 1577 che ridusse le condizioni ammesse per la celebrazione del culto protestante.
Due anni dopo, una minoranza riformista dichiarò la settima guerra, finita con la presa di Cahors da parte di Enrico di Navarra e la Pace di Fleix.
Fu detta anche guerra degli amanti per la mondanità scollacciata dello stesso Navarrese e della consorte Margherita.

L'ottava guerra di religione: 1585/1598

L'ottava guerra fu detta anche chiamata Guerra dei tre Enrico: Enrico III di Francia, Enrico III di Navarra, Enrico I di Guisa.

La pace intervenuta nel 1584 fra il primo ed il secondo fu abilmente sfruttata dai Guisa e dalla Lega cattolica che, nel 1585, prese il potere in molte città di Provincia trasformandosi in una Confederazione del Nord: la portata della sollevazione indusse il Sovrano a firmare il Trattato di Nemours che l’obbligava alla rottura col Navarra e con i Protestanti. Diffidando dei Guisa e della Lega, Enrico III intervenne tardi nel conflitto: sconfisse il Navarra a Coutras, ma fu battuto ad Auneau. La popolazione di Parigi insorse nelle Giornate delle barricate il 12 e 13 maggio del 1588; il Re fuggì a Chartres e cercò di ricucire l'alleanza con i Riformati e di eliminare i referenti della Lega: il Duca di Guisa e il fratello Cardinale furono assassinati a Blois il 23 dicembre del 1588, ma anch’egli cadde vittima della pugnalata di un Monaco il 1° agosto del 1589.

Legittimato dagli Ugonotti ma contestato dai Cattolici che gli contrapponevano il giovane Duca di Guisa, il Navarrese ascese al trono di Francia col come di Enrico IV e decise di affrancarsi dal controllo della Lega: dopo la vittoria conseguita ad Ivry il 14 marzo del 1590 e la conquista di Chartres, assediò Parigi che si era data un Governo autonomo attraverso un Consiglio dei Sedici, mentre Filippo II inviava rinforzi ai resistenti.
A Sud le truppe alleate del nuovo Re, comandate dal Montmorency, sconfissero i reparti del Cardinale François de Joyeuse in Linguadoca ed assediarono Tolosa, mentre i Sabaudi venivano cacciati da Marsiglia e dalla Provenza, liberate dal Maresciallo ugonotto Lesdiguières.

Nel 1592 esplose in Sud-Ovest la Rivolta des Croquants: i contadini si sollevarono contro gli Esattori delle imposte. Fu allora che Enrico IV prese a maturare il bisogno di ridare forza allo Stato minacciato all’interno dalle masse rurali ed all’esterno dalle forze spagnole: gli Stati Generali si riunirono proprio mentre il conflitto religioso minacciava di riaccendersi. Pertanto, il 23 luglio, fatto solenne ingresso nella cattedrale di Saint-Denis, il Re abbracciò il Cattolicesimo: la guerra civile e dinastica cessava nei fatti, dopo trent’anni di sanguinose contrapposizioni.
Elisabetta d’Inghilterra, che aveva contrastato la fazione cattolica e la Spagna, visse la scelta del Sovrano come un tradimento, ma gli si alleò per far fronte all’incombere iberico.

Il 27 febbraio del 1594 Enrico fu solennemente incoronato a Chartres e il successivo 22 marzo entrò in Parigi.
Il 17 gennaio dell’anno successivo, dichiarò guerra alla Spagna.
Parallelamente, Clemente VIII gli revocò la scomunica a suo tempo irrogatagli: era un primo passo verso la distensione dei rapporti tra Francia e Chiesa.
Abbattuta anche la irriducibile ostilità del Duca di Mayenne, la Lega cattolica non aveva più ragion d’essere. Gli Spagnoli furono sconfitti il 5 giugno del 1595 in Borgogna, nella Battaglia di Fontaine-Française: Enrico entrò a Lione; ottenne la resa del Cardinale de Joyeuse; orientatosi verso Nord, sconfisse ancora i nemici a Laon perdendo Amiens, riconquistata il 19 settembre del 1597; sedò la rivolta dei croquants; recatosi, infine, a Nantes per ottenere la resa del Duca de Mercoeur, Governatore di Bretagna, vi emanò il 13 aprile del 1598 l’Editto di proclamazione del Cattolicesimo a religione di Stato, riconoscendo ai Protestanti la professione di fede, il diritto di accesso alle cariche pubbliche, il godimento di privilegi fiscali e il mantenimento di un esercito di venticinquemila uomini e duecento fortezze. A garanzia dei patti, con la Pace di Vervins del 2 maggio con la Spagna, si conclusero le Guerre francesi di Religione.


  1. L'Affaire des Placards
    L'Affaire des Placards si verificò nella notte fra il 17 ed il 18 ottobre del 1534 e consistette nella affissione di manifesti contro l’Eucarestia a Parigi, Tours, Orléans, Blois, Rouen, intitolati Verità sui grandi, insopportabili ed orribili abusi della Messa papale, direttamente inventati contro la Sacra Cena di nostro Signore, unico mediatore ed unico Salvatore Gesù Cristo.Essi comparvero persino nel castello di Amboise, sulla porta della camera di Francesco I che lo ritenne un intollerabile affronto alla sua persona ed alla sua fede ed una violazione della sua sicurezza. Si vuole che l’iniziativa fosse stata ispirata da Guillaume Farel ma che l’autore materiale fosse il Pastore piccardo Antoine Marcourt. Costui, infatti, un mese dopo pubblicò l’anonimo Piccolo trattato molto utile e salutare sulla Santa Eucaristia. Processioni espiative furono annunciate il sabato successivo nelle parrocchie di Parigi ed un premio di cento scudi fu promesso a chi avesse fornito informazioni sui responsabili dell’atto, che sarebbero stati passati per il rogo. Presto furono arrestati dei Protestanti: la prima condanna fu eseguita il 13 novembre di quell’anno. Un’altra provocazione avvenne il 13 gennaio dell’anno successivo, quando manifesti tratti da un opuscolo sui Sacramenti furono sparsi nelle vie di Parigi in occasione del rientro del Re in città. Ne conseguì la fine della politica conciliativa di Francesco I, che pure aveva tentato di proteggere i Riformati dalle rigorose misure pretese dal Parlamento: egli dichiarò, allora, la sua fede; dette avvìo alle persecuzioni e provocò l'esilio di numerosi eretici che reagirono in armi e dettero luogo ad una serie di scontri armati, cessati con l’Editto di Nantes del 1598.
  2. La congiura d’Amboise
    Dopo la morte di Enrico II, nel 1559, i Protestanti attesero da Francesco II una condotta più morbida; tuttavia, costui affidò di fatto il governo ai Guisa, garanti del Cattolicesimo e sostenutori di una intransigenza totale verso i Riformati. Nel marzo del 1560, pertanto, essi tentarono di sequestrare il Re che, attraverso il Cardinale di Lorena, zio della Regina Maria Stuart, esercitava durissime repressioni in nome della Corona e dell’ordine pubblico. Il rapimento avrebbe coinvolto anche la Regina madre Caterina. Ispiratore della congiura fu il Signore de la Renaudie Godefroy de Barry che, con la complicità di Mercanti di Tours, Lione ed Orléans, riunì a Mérindol, il 12 febbraio del 1560, il Barone Charles de Castelnau di Châlosse; Bouchard d'Aubeterre; Edme di Ferrière-Maligny; i Capitani Mazères, Sainte-Marie, Lignières, Jean d'Aubigné, Arduino di Porcelet e gli Ugonotti della Provenza. Il regista della cospirazione fu Luigi I di Borbone-Condé, nelle conversazioni segrete definito Il Capitano muto. Egli era fiancheggiato dal fratello Antonio di Borbone-Navarra, che avrebbe dovuto sedere al posto di Francesco II sul trono di Francia. L’Ammiraglio Coligny impedì che una parte della Nobiltà normanna aderisse alla congiura elaborata fin dal 1° febbraio a Nantes e forse condivisa da Elisabetta d’Inghilterra. Di fatto, i Guisa ne vennero a conoscenza attraverso l’avvocato parigino Pierre des Avenelle e il 22 decisero di trasferire Francesco II e la Corte da Blois ad Amboise; di sostituire le guardie e di rafforzare le difese. I congiurati, che avevano fissato l'azione al 1° marzo, la differirono al 16; ma i Guisa fecero perlustrare i dintorni di Amboise e il 10 scattarono i primi arresti. Nei sei giorni successivi ci fu una raffica di fermi e il 17 iniziarono le esecuzioni: alcuni complottisti furono impiccati alle sbarre del castello, altri annegati nella Loira, altri linciati. Il 19 marzo fu catturato La Renaudie: pezzi del suo cadavere squartato furono esposti alle porte della città. Anche il Principe di Condé fu arrestato. Presto liberato, nell’estate egli ordì una seconda congiura mai realizzata per un nuovo arresto.
  3. Il colloquio di Poissy
    Si tenne nella omonima città nel settembre del 1561. Con esso, Caterina tentò di avvicinare le due fazioni religiose in lotta. Vi parteciparono il Re carlo IX, i Principi, il Cancelliere, i più alti Prelati di Francia a partire dal Cardinale di Lorena, oltre a dodici Teologi protestanti guidati da Teodoro di Beza. Nel convegno si trattarono vari argomenti teologici tra cui la reale presenza di Cristo nell’ostia e il valore delle opere: i vari presenti cercarono un’intesa rifacendosi alla Confessione di Augusta ma il colloquio si risolse in un nulla di fatto. Carlo IX poi proclamò l’Editto di Saint- Germain- en- Laye, col quale consentì temporaneamente agli Ugonotti la professione di fede fuori dalle città.
  4. L’Editto di Saint-Germain-en-Laye o Editto di Gennaio
    Fu emesso nella omonima località il 17 gennaio del 1562 e concedeva entro certi limiti alla Nobiltà ugonotta diritti di culto pubblico e libertà privata di fede, ponendo comunque limiti al numero di partecipanti. Con tale atto la Corona intendeva pacificare la Francia insanguinata; restaurare il prestigio dinastico; limitare il potere politico dei Guisa. Con queste norme, alla cui stesura collaborò il Cancelliere Michel de l’Hospital, si tentò una mediazione politica che i Guisa opposero considerando il provvedimento una pericolosa concessione ai Protestanti. Ne derivò la strage di Wassy.
  5. La Strage di Wassy
    Il 1° marzo del 1562 a Wassy furono giustiziati una trentina di Ugonotti mentre celebravano i culti. Per ragioni di sicurezza, essi erano sorvegliati dall’esercito del Duca Francesco di Guisa di passaggio, in quanto reduce dalla casa materna in Joinville. Le versioni sull’accaduto divergono: fonti ugonotte assumono che il massiccio intervento delle truppe del Duca contro inermi fedeli ebbe luogo dopo uno scontro verbale, trasformandosi in una carneficina; fonti cattoliche sostengono che gli Ugonotti disturbassero la Messa in corso e che dalle parole si fosse passato ai fatti. Entrambe le parti usarono l’episodio a scopo di propaganda per denunciarsi vicendevole intolleranza. La circostanza, in ogni caso fu la perdita di tutti gli incarichi di Stato da parte dei Guisa: Francesco I fu assassinato da un seguace dell'Ammiraglio Coligny l'anno successivo.
  6. Michelade
    E’ il nome dato all’eccidio di un centinaio di Monaci cattolici attuato dai Protestanti il 29 settembre del 1567 a Nimes. Il 22 maggio, il Primate di Montpéllier aveva riunito i Delegati della Linguadoca per contestare l’insediamento del Siniscalco calvinista La Grille, così vanificando ogni impegno di non belligeranza fra le parti, rispettivamente rappresentate dagli Albenas e dai Calvières. Maturò così la strage del 29 settembre, il cui nome fu mutuato dalla fiera annuale della Michelade, dedicata a san Michele. Cominciò col dileggio di una ortolana protestante da parte di alcuni soldati. Il banale incidente richiamò contadini e militari calvinisti che dalle ingiurie passarono a vie di fatto. Il primo Console locale: il cattolico Guy Rochette cercò di placare gli animi, ma fu costretto a rifugiarsi presso il Vescovo Bernard d'Elbène. Il Vicario Generale, i suoi Monaci e i suoi Chierici furono arrestati; assassinati e gettati in un pozzo del cortile della Curia. Solo il Vescovo riuscì a riparare a Tarascona grazie al sostegno del soldato ugonotto Jacques Coussinal. Il Concistoro calvinista ordinò alle truppe di porre fine ai disordini e ammonì i Capi della rivolta: Servas e Vigier. La furia cessò, ma per rappresaglia i Cattolici attuarono orrende persecuzioni e incendiarono il Tempio della Calade. Il Parlamento di Tolosa, pertanto, confiscò i beni a un centinaio di famiglie e deliberò che fossero ... condotti su un carro per tutte le vie e i crocicchi della città.... L’episodio si inquadra nelle Guerre francesi di Religione che insanguinarono la Francia nel XVI e fu premessa alla carneficina della notte di san Bartolomeo del 24 agosto del 1572. Centotrentasei anni dopo a Nîmes, una strage organizzata dall'esercito reale contro gli Ugonotti costituì poi uno degli episodi più cruenti del conflitto: il Massacro del Mulino dell’Agau.

Bibliografia: