Le Grandi Battaglie

La Battaglia di Varna

di Ornella Mariani
La Battaglia di Varna
La Battaglia di Varna

Il 1° novembre 1444 quarantamila fra Ungheresi, Polacchi, Serbi, Transilvani, Boemi e Crociati sfidarono sessantamila Ottomani.
A sera, in campo si contarono circa ventimila morti fra i due schieramenti.

Quella battaglia fu la fase culminante della Crociata e l’epilogo di eventi verificatisi anni prima: a seguito delle intese raggiunte nei Concili di Basilea, Ferrara e Firenze, nel 1438 il Basileus bizantino Giovanni VIII Paleologo aveva accettato di superare lo Scisma proprio per ottenere dai Potentati cristiani europei ogni possibile aiuto nella lotta al minaccioso espansionismo turco. Nel 1443, e per tutelare i Bizantini e per difendere l’Ungheria cui tre anni prima era stata sottratta Belgrado, aveva sollecitato il continente alla sacra spedizione e formato un’ampia coalizione: i ripetuti successi cristiani, in particolare quello inizialmente conseguito da Brankovic, che aveva liberato le bulgare Nissa e Sofia, avevano costretto i Turchi alla ritirata.
Al Sultano, impegnato sui fronti di Anatolia, Albania, Morea, non restò che accettare i trattati di Adrianopoli: una tregua decennale durante la quale s’impegnava a non invadere alcun Paese cristiano e a restituire alcuni territori all'Ungheria e alla Serbia. Non soddisfatto il Papa, ad avviso del quale Murad avrebbe dovuto rinunciare all’intera area balcanica, invalidò i patti e persuase l’Ungheria a riprendere la guerra, impegnando anche la Serenissima che, per dividere l’Impero ottomano, schierò la potente Marina tra i Balcani e l’Asia Minore.

Murad, allora, si rivolse alla Repubblica genovese.

Il 10 novembre del 1444, malgrado l’inferiorità numerica, Hunyádi alla testa di metà dell’esercito ungherese dette scacco ai Turchi; ma il suo vantaggio fu vanificato dal giovane Ladislao che, alla guida della retroguardia, si gettò nella mischia sottovalutando la potenza d’urto dei Giannizzeri e ne fu massacrato. Cadde, con lui, anche il Cardinale Cesarini.
I Crociati superstiti ripararono oltre il Danubio, sotto il comando di Mircea II di Valacchia, e Jànos tentò di sottrarsi rocambolescamente alla cattura finchè non cadde in un agguato tesogli da Vlad II Dracul, che lo liberò previo pagamento dell’ingente riscatto corrisposto dall’Aristocrazia magiara.

La battaglia, naturalmente, ebbe come conseguenze politiche il mantenimento della regione balcanica da parte dei Turchi e la sospensione delle clausole di ogni precedente negoziato. Il Basileus, che meglio più di tutti si era impegnato per il buona esito della spedizione, dovette piegarsi al Sultano e diventarne Vassallo.

Per effetto della morte di Ladislao la Nobiltà ungherese, intanto, elesse cinque Capitani e gli affidò il comando della Nazione assegnando a Jànos il controllo della Transilvania e delle terre irrigate dal Tibisco. L’Ungheria, tuttavia, scivolò nell’anarchia e fu necessario individuare un Reggente che governasse per conto del minore Ladislao il Postumo: la scelta ricadde ancora su Hunyádi che, investito del ruolo il 5 giugno del 1446, marciò contro l’Imperatore Federico III, del quale il piccolo erede era prigioniero; pose a sacco Stiria, Carinzia e Carniola e minacciò Vienna, finchè pervenne ad una tregua di due anni.

Nel 1447, Jànos riportò la Valacchia in orbita ungherese decretando la decapitazione del Voivoda Vlad Dracul e facendone seppellire vivo il figlio Mircea II; poi, sconfitti i Draculesti, insediò sul trono Vladislav II. L’anno successivo, riprese la campagna contro i Turchi ricevendo il titolo di Principe da Niccolò V. Infine, marciò sulla Moldavia e vi restaurò il potere del Voivoda Petru II, dopo avere occupato e fortificato il porto di Chilia.
Nel giugno di quell’anno, Murad II attaccò contemporaneamente proprio questa località e Costantinopoli, ma fu sconfitto: in settembre, gli Ungheresi varcarono il Danubio e puntarono verso Sud per riunirsi a Kastrioti, mentre Mihály Szilágyi batteva i Turchi nella valacca Vidin.

Ancora una volta Brankovic spiccò per slealtà: rivelata la presenza albanese, favorì la sconfitta di Jànos nella seconda battaglia del Kosovo il 18 ottobre del 1448; lo catturò e lo deportò nelle segrete di Smederevo.
Nel 1450, liberato dai compatrioti, egli riaprì le trattative con Federico III per la libertà del giovane Ladislao; ma il mancato accordo consentì all’Aristocrazia capeggiata dal Conte di Celje di accusarlo di cospirazione funzionale al mantenimento del potere.
Egli, allora, abbandonò anche il ruolo di Reggente; tuttavia, nel 1453, Ladislao il Postumo si insediò e come primo atto, riscattandone l’immagine, lo nominò Conte di Beszterce-Naszód e Capitano Generale del Regno, non trascurando di farne giustiziare il figlio per vendicare la morte dello zio tutore.

La reazione violentissima dell’Aristocrazia insorta in difesa di Jànos, già Voivoda di Transilvania e Signore di Belgrado, costrinse il Re alla fuga. In procinto di sposare Maddalena, figlia di Carlo VII di Francia, egli era sulla via di Praga quando morì in circostanze ancora misteriose: con lui si estinse la linea asburgico/albertina.
Nel 1453, padrone di Costantinopoli, Maometto II puntò all’Ungheria progettando di penetrare in Europa attraverso Belgrado, che assediò. La città fu però soccorsa da Jànos che la approvvigionò a proprie spese; vi insediò un presidio comandato dal germano Mihály e dal figlio László; reclutò uomini freschi ed armò duecento navi, mentre il Frate francescano Giovanni da Capestrano raccoglieva adesioni crociate nel basso Popolo.
Il 14 luglio del 1456 l’Armata navale ottomana fu distrutta e il 21 successivo l’esercito fu respinto a Rumelia da Szilágyi, che favorì l’attività di attacco ungherese: a margine di un cruento e breve scontro, il Sultano fuggì. L’11 agosto, però, aggredito dalla peste, Jànos si spense.

Fu sepolto nella cattedrale cattolica transilvana di Alba Iulia e la sua statua domina la Piazza degli Eroi di Budapest.
Suo figlio Mattìa Corvino ascese al trono nel 1458 e governò fino al 1490.
Emulo del padre, contrastò i Turchi col supporto dell’abile Voivoda di Moldavia Stefan III.
Il crescente potere del Regno di Polonia, intanto, spinse la Moldavia a chiedere l’appoggio di Bayezid II per mantenere l’indipendenza.

Bibliografia: