Personaggi

Baldovino IV di Gerusalemme

di Ornella Mariani
Baldovino IV in battaglia
Baldovino IV in battaglia

Detto il re lebbroso, nacque a Gerusalemme nel 1161 e vi si spense il 16 marzo del 1185.
Figlio di Amalrico I e di Agnese di Courtenay, visse la giovinezza alla Corte paterna ed ebbe rari rapporti con la madre, il cui vincolo matrimoniale era stato annullato nel 1164 per l’eccezione di consanguineità sollevata dalla Chiesa ed avallata dalla Nobiltà; tuttavia, il coniuge mantenne il riconoscimento della legittimità dei figli dichiarando eredi la primogenita Sibilla e Baldovino, intanto istruito da Guillaume de Thyre.
Fu proprio il celebre Cronista a scoprire la paralisi del braccio e della mano destra del giovane cui, in età puberale, fu diagnosticata la lebbra lepromatosa.
Nel 1174 il Sovrano si spense: nella cornice del trattato di pace fra la Corona gerosolimitana e Saladino, il 15 luglio Baldovino fu incoronato e, essendo solo tredicenne, fu sottoposto alla tutela prima di Milone di Plancy e poi di Raimondo III di Tripoli. Il conclamato morbo, intanto, indusse alla convinzione generale che egli non avrebbe vissuto a lungo né avrebbe potuto contare su successori diretti. Così, Cortigiani e Aristocrazia presero a circuire i presumibili pretendenti: Sibilla e la sorellastra Isabella, l’una affidata alla prozia Ivetta di Betania che l'aveva cresciuta nel convento di San Lazzaro; l’altra accudita a Nablus dalla madre Maria Comnena.
Fu allora che il Reggente aprì negoziati utili a favorire l’unione di Sibilla col potente Guglielmo del Monferrato, cugino di Re Luigi VII e dell’Imperatore Federico I di Hohenstaufen.
All’atto del rito, egli fu infeudato della Contea di Giaffa e Ascalona nella prospettiva di assumere la reggenza; di succedere allo stesso titolare, per effetto dei diritti coniugali; di contare sul sostegno franco/tedesco, nel caso di nuovi conflitti con i Musulmani.
Raggiunta la maggiore età, ancorché logorato dal male e in sprezzo delle intese convenute dal Tutore col Saladino intanto, Baldovino compì le prime azioni militari irrompendo nel territorio di Damasco e nella Valle della Beg?; rivelando formidabile talento di Condottiero e mirando ad attaccare l’Egitto per le pressioni esercitate dai Bizantini, esigenti il rispetto degli accordi stipulati a suo tempo dal padre: un compatto sodalizio fra Cristiani contro il nemico comune. Inviò, pertanto, a Costantinopoli il Principe di Antiochia Rinaldo di Châtillon, incaricandolo di garantirsi il supporto navale di Manuele Comneno per invadere quella regione.
Il Legato era reduce da sedici anni di detenzione ad Aleppo ed era stato rilasciato proprio per il riscatto che il Basileus aveva pagato, al fine di ripristinare la gerarchia ortodossa e consolidarla con le nozze fra Boemondo III d’Antiochia e la propria nipote Teodora Comnena.
Rinaldo tornò a Gerusalemme all'inizio del 1177 e, assicurando anche a Guglielmo del Monferrato la propria collaborazione per la difesa congiunta della parte meridionale del Regno, ottenne in compenso da Baldovino la mano di Stefania di Milly, dotata dei feudi di Kérak e dell'oltreGiordano.
In giugno tuttavia, il marito di Sibilla, incinta del futuro Baldovino V, si spense ad Ascalona.
Nel successivo agosto, giunse a Gerusalemme in veste di Crociato Baldovino di Fiandra: puntava a sposare le sorelle del Re ai propri Vassalli, in nome della parentela diretta per linea paterna e della pretesa, quale nipote di Folco V d’Angiò, di soverchiare il Reggente Raimondo che era, invece, nipote di Melisenda e solo cugino di secondo grado di Baldovino.
L'Alta Corte respinse le sue velleitarie richieste ed uno dei suoi autorevoli membri: Baldovino d’Ibelin, referente del più potente partito del Regno, lo insultò pubblicamente aspirando a sposare la Principessa vedova cui era legato da un antico amore.
L’allontanamento di Filippo di Fiandra, intanto, vanificò i negoziati con i Bizantini e la campagna d’Egitto subì ritardi che consentirono a Saladino di muovere dal Cairo e di dirigersi verso la roccaforte templare di Gaza, alla testa di un formidabile esercito.
Parallelamente, malgrado la vacillante salute, il sedicenne Sovrano si pose a capo di truppe numericamente inferiori e si chiuse in Ascalona in attesa del nemico che, lungi dall’assediarlo, invase le regioni meridionali del Regno e, certo della vittoria, proseguì verso la indifesa Gerusalemme.
Baldovino IV si dette al suo inseguimento e lo colse di sorpresa il 25 novembre nella piazzaforte di Montgisard, risolvendo lo scontro in un epocale trionfo sugli Arabi: egli aveva combattuto in prima linea con Baldovino e Baliano Ibelin e con Ugo e Guglielmo di Galilea, figliastri di Raimondo: di Tripoli.
In tutto l’Occidente cristiano il suo coraggio ed il suo talento militare furono salutati come espressione dell’intervento divino.
Poco più tardi, incurante del potere e dell’ambizione di quella famiglia che, con l’appoggio di costei, tentò di consolidarsi attraverso nozze a contrarsi anche con Sibilla e Isabella, egli consentì alla matrigna Maria Comnena di sposare Baliano d’Ibelin.
La successione si presentava più problematica che mai.
Nel 1179, Baldovino subì alcune sconfitte nel Nord e, il 10 aprile, mentre razziava Banyas, sorpreso da Farruch Shah, perse in campo il Connestabile Umfredo II di Toron. Pertanto, il 10 giugno radunò un esercito e, con Raimondo ed il Gran Maestro templare Oddo di Saint-Amand, si portò a Mari ‘Uyûn ove sconfisse la Cavalleria araba in procinto di guadare il Lìt?nî.
Fu allora che il temuto Sultano lo intercettò, sfidò e disarcionò mentre la mischia infuriava ed egli era distante dalla protezione della sua guardia personale: intanto, il Conte Raimondo riparò a Tiro; ma Saint-Amand, Baldovino di Ibelin e Ugo di Tiberiade furono presi prigionieri.
In agosto, il castello del Guado di Giacobbe, cadde in mano musulmana ed oltre la metà della guarnigione templare di stanza fu massacrata.
L’azione revocava di fatto i vantaggi conseguiti in campo a Montgisard.
Se in quella fase, come riportò Ibn Jubair, malgrado Saladino ne avesse grande rispetto, la reputazione di Baldovino presso gli Arabi era sintetizzata dalla definizione di al-khinz?r, ovvero porco, e sprezzantemente sua madre era indicata come al-khinz?ra, l’insuccesso non la scalfì negli ambienti europei attenti alle indicazioni successorie.
A proposito di esse, nella domenica di Pasqua del 1180, egli dette la sorella Sibilla in sposa a Guido di Lusignano, fratello del Connestabile Amalrico.
Si vuole che questo secondo matrimonio di costei fosse combinato dalla madre, della quale costui era amante. E’ certo che, con l'ascesa di Baldovino al trono pur se ripudiata, l’intrigante Agnese mantenesse un ruolo di spicco a Corte.
Il pur vagheggiato progetto di maritare Sibilla con Ugo III di Borgogna era così fallito e, forse, Raimondo di Tripoli l’avrebbe orientata verso la scelta di Baldovino di Ibelin se non fosse stato necessario per la sicurezza del Regno trovare un consorte straniero garante di ogni possibile aiuto estero: da questo punto di vista, Guido poteva essere una rispettabile scelta, sia per i suoi legami con Filippo II di Francia, sia per i suoi rapporti con Enrico II d’Inghilterra che, pur di riconciliarsi con la Chiesa, aveva promesso un pellegrinaggio in Terrasanta per affrancarsi dalla colpa di avere assassinato Thomas Beckett. Tuttavia, benché Sibilla ne fosse follemente innamorata, come fu poi drammaticamente evidente, egli non disponeva dei requisiti richiesti da Baldovino che, nello stesso periodo, organizzò anche il fidanzamento della sorellastra di otto anni Isabella con Umfredo IV di Toron, il cui nonno Connestabile gli aveva salvato la vita a Banyas: la mossa sottraeva la bambina al controllo della madre e degli Ibelin, ponendola sotto la tutela di Stefania di Milly e di Rinaldo di Châtillon, genitori dello sposo.
Nel 1182, dopo una ripresa delle ostilità musulmane, ormai cieco ed incapace di camminare Baldovino designò il cognato Reggente del Regno: l'incarico ebbe breve durata poiché, già nel 1183, l’incompetenza di costui mise in serio pericolo la stabilità del territorio.
La sua inadeguatezza emerse proprio nel novembre di quell'anno, in occasione di un'improvvisa sortita del Sultano curdo: il giorno stesso delle nozze di Isabella e Unfredo, officiate a Kèrac, gli Arabi assaltarono il castello pieno di ospiti. Malgrado le critiche condizioni di salute, il Re riuscì a far fronte alle circostanze, ma Guido si rifiutò di attaccare e la sua codarda condotta indusse Bil Sovrano a revocargli l’ufficio di reggenza. L’indignazione lo spinse ad inoltrare richiesta di annullamento del vincolo nuziale della sorella.
Caduto in disgrazia, il Lusignano si ritirò ad Ascalona con la moglie che non ne riconosceva le gravi insufficienze. Sicché, per il bene del Regno, Baldovine la escluse dalla linea di successione, designando erede il cinquenne figlio di lei: Baldovino del Monferrato.
La scelta risultò gradita alle Baronie e ai Potentati, compresi quelli controllati dagli Ibelin: fu deciso concordemente che, in caso di morte del titolare, la reggenza del minore sarebbe stata ancora una volta amministrata da Raimondo di Tripoli.
Il 20 novembre del 1183 il figlio di Sibilla fu associato al trono come Baldovino V e solennemente incoronato nella chiesa del Santo Sepolcro.
Nei primi mesi dell’anno successivo, il Sovrano tentò senza esito di ottenere lo scioglimento del matrimonio della sorella che disertò l'udienza, restando accanto al coniuge ad Ascalona.
Le imprudenti iniziative di Rinaldo di Châtillon, intanto; la spedizione a sostegno di Kérak e le traversie dinastiche indebolirono la Corona mentre, ormai divorato dalla lebbra, Baldovino si consegnava alla morte: egli si spense ventiquattrenne il 16 marzo del 1185, a pochi mesi dalla decesso della madre, mancata in Acri.
Aveva regnato soli undici anni, animato dalla forte tensione a difendere Gerusalemme e la sua popolazione: secondo le sue disposizioni, gli successe il nipote Baldovino V sotto tutela di Raimondo di Tripoli ma, ad un anno dall’insediamento, anche il piccolo morì e Sibilla ascese al trono col marito, responsabile della catastrofe di Hattin.
Baldovino IV fu uno dei più straordinari e carismatici Sovrani dell’epopea crociata e si collocò nell’immaginario collettivo per il coraggio, la lealtà, la lungimiranza e la inesorabile tragedia che accompagnò la sua breve e sfortunata esistenza.

Bibliografia: