Popoli

Peceneghi

di Ornella Mariani
I Peceneghi
I Peceneghi

I Peceneghi

Nel 1091 i Peceneghi invasero i territori dell’Impero bizantino e furono sconfitti da Alessio I di Bisanzio nella Battaglia di Levounion.

Lo scontro significò la quasi totale scomparsa di quella tribù i cui superstiti furono attaccati nel 1094 dai Cumani: i sopravvissuti ripararono nelle aree balcaniche senza, tuttavia, mai integrarsi con le Popolazioni locali.

Nel 1122, dalle steppe russe essi calarono ancora sull’Impero d’Oriente guadando il Danubio: è possibile che quella invasione fosse causata da Vladimir II di Kiev; è certo, invece, che il Basileus Giovanni II Comneno, fermamente deciso a contenerne la pressione, guidasse personalmente la marcia contro gli aggressori, per mantenere il controllo dell’area settetrionale dei Balcani e trasferisse il proprio esercito dalla frontiera dell’Asia Minore in Europa, per contrastare anche i Turchi.

Riunite le legioni bizantine nei pressi di Costantinopoli, pensò di battere i nemici sul tempo simulando di offrirgli favorevoli condizioni di pace; poi, prima ancora di attendere la risposta dei Peceneghi, acquartierati nella bulgara Beroia, ordinò di caricarli.

Ancorché imprevedibile e proditoria, l’azione fu respinta da una strenua resistenza: tale da non consentire ad alcuna delle parti di soverchiare l’altra.

Il Sovrano, allora, mise in campo la feroce e temuta Guardia Variaga la cui attività fu determinante poiché le truppe avversarie furono accerchiate e sopraffatte.

Nell’agosto di quell’anno, a Beroia, ventimila Bizantini affrontarono trentamila Peceneghi: la mattanza causò il crollo definitivo dell’indipendenza di quella irriducibile etnìa.

Per effetto della vittoria, i superstiti furono arruolati nelle milizie imperiali: il Comneno aveva risolto il problema delle incursioni sistematiche di quella Popolazione che, insediatasi in Ungheria e priva di autonomia, finì con l’integrarsi agli Autoctoni perdendo definitivamente la propria identità etnica.

Tuttavia non c’era ancora pace nei Balcani: dal 1128 al 1130, infatti, l’Impero subì varie scorrerie ungheresi e, solo dopo quel drammatico biennio, le frontiere bizantine sul Danubio si stabilizzarono e Giovanni II potè indirizzare ogni possibile sforzo militare nella campagna di contrasto ai Turchi Selgiucidi nell’Asia Minore.

Chi erano?

Genti nomadi di ceppo turco, provenienti dalle steppe dell’Asia Centrale.

Nell'opera dell'XI secolo Divânü Lugâti't-Türk del turco Mahmud Kashgari il loro nome assume due significati: Nazione turca che popola i dintorni di Rum e ceppo dei Turchi Oghuz e, più precisamente, XIX dei XXII ceppi costituenti questi ultimi.

Un’altra tesi assume che essi sarebbero stati una frangia del Popolo Wusun.

Un'ulteriore teoria li sostiene originari del bacino dell'alto corso del l’Irtiš, affluente dell’Ob, e che fossero stanziali fino al VI secolo nell’area Nord/orientale dell'attuale Kazakistan.

Si vuole che nei secoli VI-VIII d. C., facessero parte del Regno dei Turchi occidentali che aveva il suo centro nel Semirecie, ovvero la fascia Sud/orientale del Kazakistan e che, caduta quella realtà politica sotto le pressioni dei Cinesi e degli Arabi, emigrassero a Nord del Caspio, insediandosi nella regione fra tra il Volga e l'Ural.

Esposti dall'Oriente alla pressione di altre genti di estrazione turcomanna, presero a premere sulle frontiere occidentali dei Cazari. Questi furono aiutati dai Magiari, a loro volta respinti ad Ovest verso il corso basso del Danubio, mentre i Peceneghi occupavano, oltre il Volga, le steppe a Nord del Mar Nero.

Di fatto, essi entrarono nella scena storica solo nell'VIII secolo, quali abitanti dell’ area uralica del basso Volga e del Don.

E’ certo poi che, fra il IX ed i X secolo, controllassero gran parte delle praterie del Sud/Ovest e della penisola di Crimea e che, pur rappresentando un rilevante segmento della storia locale, la loro identità politica non gli consentì mai di andare  oltre le scorrerie sulle realtà contigue o oltre il mercenariato.

Erano, in ogni caso, di etnìa tatara e costituirono una costante minaccia per l’Impero bizantino, i Bulgari e la Russia di Kiev: nel 934, con i Magiari, giunsero sotto le mura di Costantinopoli; nel 972 il loro Khan Kurya assassinò il Duca Svjatoslav di Kiev; nel X secolo, insediatisi fra Danubio e Balcani, furono battuti prima da Alessio Comneno  e poi da Giovanni II.

A parere di Costantino Porfirogenito, che ne scrisse verso il 950, il territorio della Patzinakia impegnava ad Ovest tutto il corso del Siret; era a quattro giorni di marcia dall’attuale Ungheria ed era diviso in otto Province governate da altrettanti Principi.

I Bizantini se ne erano serviti per attenuare l’urto delle orde rus’ e magiare contro le loro frontiere ma, alleandosi con Kimechi e Qarluk, gli Uzi li avevano espulsi e, cacciati anche ad Ovest da Cazari e Cumani, nell’892 essi avevano reagito respingendo i nemici oltre le acque del Dnepr.

Nell'894, i Peceneghi si erano ritagliati ruolo rilevante nel conflitto fra i Bulgari e Leone VI di Bisanzio: assoldati da Simeone I avevano cacciato i Magiari dalla regione di Etelköz, confinandoli nella fascia transdanubiana e pannone; ma, parallelamente, avevano avviato una difficile relazione con i Rus’ di Kiev: per oltre due secoli essi invasero sistematicamente l’area, fino alla guerra del 920, quando sfidarono il Principe Igor.

In seguito, però, divennero alleati contro Bisanzio e solo nel 968 interruppero i rapporti ed assediarono Kiev.

Contro gli assalti peceneghi, Vladimir, al governo fra il 978 e il 1015 fortificò la frontiera meridionale di Kiev che essi attaccarono ancora nel 1034, subendo una cocente disfatta. In esito ad essa, emigrarono nella zona balcanica minacciando l’Impero bizantino.

Le relazioni con i Rus’ mutarono proprio con Vladimir I che li decimò e fondò la città di Perejaslav, sul sito della loro sconfitta.

Nel 1037, infine,  Jaroslav I li aggiogò definitivamente.

Dopo secoli di lotte con i confinanti: Bizantini, Bulgari, Rus’ di Kiev, Cazari e Magiari, nel 1091, i Peceneghi furono ancora battuti nella Battaglia di Livonia da una coalizione cumano/bizantina guidata da Alessio I Comneno e, attaccati nuovamente nel 1094 dai Cumani, furono in parte decimati e in altra parte assorbiti fino al drammatico scontro di Beroja del 1122.

I sopravvissuti restarono nell’Europa danubiana, assimilandosi ad Ugheresi, Cumani, Bulgari e Gagauzi, cessando di esistere come etnìa indipendente: perduta l’identità nazionale, gli sparuti gruppi superstiti finirono al servizio di Bisanzio e, secondo lo Storico Giovanni Kinnamos, nel XII secolo furono Mercenari di Manuele I Comneno nel Sud italiano, contro Guglielo I di Sicilia.

Notizie più dettagliate sono riportate nelle cronache armene di Matteo di Edessa ove, descrivendoli abilissimi Arcieri, si afferma che nel 1050 causassero la distruzione di molte Province imperiali e che, nella  battaglia di Manzikert,  assieme agli Uz, combattessero accanto ai Turchi selgiucidi spingendosi all’assedio di Costantinopoli.

Durante il periodo di massima espansione e potenza militare, i Peceneghi erano divisi in tribù governate da Principi il cui potere era limitato dall'Assemblea degli Anziani. Vivevano sostanzialmente di allevamento di bestiame; ma erano abili anche nel commercio.

Conoscevano la dottrina manichea ma, dal principio del XI secolo,  professarono fede islamica.

Bibliografia