Antologia

La Congiura de' Pazzi

di Ornella Mariani
Stemma dei Pazzi
Stemma dei Pazzi

Quella de'Pazzi fu una famiglia di cruciale importanza nella Storia di Firenze: ne fu capostipite Ranieri, trasferitosi da Fiesole verso l'XI secolo; ma le figure di maggior rilievo furono quella del leggendario Pazzino, Crociato distintosi nell'assedio di Gerusalemme; quella di Jacopo del Neca, ucciso nella Battaglia di Montaperti; quella di Carlino, citato da Dante nel IX cerchio dell'Inferno fra i traditori della Patria; quella di Andrea, che nel 1429 commissionò al Brunelleschi una cappella nel complesso di santa Croce.

Erano gli anni dell'apogeo della casata delle tre lune che, conseguiti ricchezza e prestigio attraverso l'attività di un solido Banco, si imparentò anche con i Medici, attraverso le nozze celebrate nel 1469 fra Guglielmo e Bianca, sorella di Lorenzo il Magnifico.

Nel 1471, la frantumazione degli equilibri causata dall'elezione papale di Sisto IV degenerò in quella drammatica contrapposizione che rese Piazza della Signoria, spianata sulle rovine dei palazzi della gloriosa dinastia degli Uberti, teatro dell'agghiacciante vendetta attuata dai partigiani medicei a seguito della fallita congiura dei Pazzi.

Alla morte di Pietro, gli erano subentrati i figli Lorenzo e Giuliano, rispettivamente di venti e sedici anni. Grazie al naturale talento ed alla metodologia politica mutuata dal nonno Cosimo, essi erano divenuti padroni della città; avevano assunto il controllo di tutte le Magistrature e dei centri di potere attraverso autorevoli fiduciari: Tommaso Soderini, Giovanni Canigiani ed Antonio Pucci; avevano designato cinque Elettori che facevano i Gonfalonieri e i Priori; senza tener conto del Popolo, avevano aumentato l'autorità dei primi e ridotto quella dei secondi; avevano affidato alla Balìa da Magistrato straordinario, ormai permanente, il potere legislativo, amministrativo e giudiziario.

Tuttavia avevano subìto due gravi tentativi di rovesciamento: nel 1470 il fuoriuscito Bernardo Nardi aveva occupato la fortezza e il Palazzo comunale di Prato e preso prigioniero il Podestà Cesare Petrucci. Giorgio Ginori aveva stroncato l'insurrezione e decapitato il ribelle; il 21 aprile del 1472, contro l'insofferenza di Volterra e contro i consigli di Tommaso Soderini, Lorenzo ordinò l'uso delle armi; fece votare centomila fiorini per le spese di guerra e affidò un esercito a Federico d'Urbino: dopo un duro assedio, il centro si arrese ma, in dispregio dei patti sanciti il 18 giugno, fu messo al sacco.

Machiavelli scrisse che ... Fu la novella di questa vittoria con grandissima allegrezza dai Fiorentini ricevuta, e perchè l'era stata tutta impresa di Lorenzo, ne salì quello in riputazione grandissima: onde che uno dei suoi intimi amici rimproverò a messer Tommaso Soderini il consiglio suo, dicendogli: che dite voi ora che Volterra si è acquistata? A cui messer Tommaso rispose: a me pare ella perduta perchè, se voi lo ricevevi d'accordo, voi ne traevi utile e sicurtà; ma avendola a tenere per forza, nei tempi avversi vi porterà debolezza e noia e nei pacifici danno e spesa...

Rilievi opportuni quanto inascoltati, quelli del Soderini: il Governo repubblicano esisteva solo nella forma e Lorenzo mirava ad espandersi verso la Romagna acquistando Imola, dalla quale nel 1472 era stato espulso il Signore Taddeo Manfredi.

Finita nelle mani di Galeazzo Maria Sforza, la città era appetita anche dall'avido Sisto IV che la voleva per il nipote Girolamo Riario, dopo aver concesso la Porpora ad altri due congiunti.

Consapevole che il Papa non avrebbe potuto permettersi la cifra pretesa dallo Sforza, Lorenzo pregò i Pazzi di non prestare il denaro utile all'acquisto: pur impegnandosi in tal senso, invece, costoro fornirono al Primate ben trentamila ducati e lo informarono delle pressioni esercitate dal Medici.

Con l'aggiunta di ulteriori diecimila ducati il Primate comprò Imola e nel 1473 la donò all'amato parente, inasprendo le tensioni con Lorenzo e peggiorandole l'anno successivo quando il Cardinale Giuliano della Rovere assediò Città di Castello e la sottrasse al controllo del Podestà Niccolò Vitelli, minacciando anche la fiorentina san Sepolcro.

All'epoca, Sisto IV aveva già fidanzato Girolamo Riario a Caterina, figlia naturale di Galeazzo Maria. La parentela non placò la sua furia quando apprese che il 2 novembre del 1474 il Duca, i Medici e Venezia si erano uniti in un sodalizio della durata di venticinque anni: la Santissima Lega. Pertanto, per non restare isolato, aprì relazioni amichevoli con il Re Ferdinando di Napoli condonandogli il tributo; contentandosi di una chinea bianca annua; acconsentendo alle nozze fra suo nipote Leonardo della Rovere e Caterina, figlia naturale del Sovrano. Non pago, prese contatti anche con Federico d'Urbino cui nel 1474 conferì il titolo di Duca e alla cui figlia Giovanna destinò Giovanni della Rovere, assegnandogli il Vicariato di Sinigaglia e Mondavio; negò la Porpora a Giuliano de'Medici ed espropriò a Lorenzo l'amministrazione del tesoro della Chiesa, assegnandola ai Pazzi cui era grato per il prestito ricevuto.

La congiura

In quegli anni, capo della famiglia dei Pazzi era Jacopo che aveva sette nipoti: Guglielmo, Francesco, Renato e Giovanni, figli del fratello Antonio; Andrea, Nicolò e Galeotto, figli del germano Pietro.

Il casus belli che li contrappose a morte ai Medici, impegnati ad arginarne la montante ascesa, si presentò con la morte del ricchissimo Giovanni Borromei: con un copo di mano, Lorenzo fece stabilire per legge che i nipoti di sesso maschile fossero privilegiati nell'eredità alle figliuole di un padre morto ab intestato e conferì alla norma effetto retroattivo.

Il congelamento della cospicua eredità del defunto, la cui figlia Beatrice aveva sposato Giovanni de'Pazzi, suscitò l'irriducibile odio di Francesco de'Pazzi.

Egli era intimo amico di Girolamo Riario, a sua volta preoccupato di perdere i suoi domini in Romagna nel caso di morte dello zio Papa. Entrambi coinvolsero il Primate di Pisa Francesco Salviati che odiava i Medici: Sisto IV gli avrebbe, infatti, assegnato la cattedra di Firenze se Lorenzo non l'avesse rivendicata per il cognato Rinaldo Orsini e, peraltro, dopo essere stato costretto a ripiegare su Pisa, aveva potuto assumerne la guida dell'Episcopato solo dopo tre anni di dura opposizione all'investitura.

Tutti insieme decisero di eliminare l'ingombrante rivale che indusse il Capitano di Ventura Carlo Fortebraccio ad invadere Siena, auspicando che essa esigesse la protezione fiorentina; ma la città aggredita rivolse i suoi appelli al Papa e al Re di Napoli, che distrussero le proprietà del Condottiero a Montone e nel settembre del 1477 lo obbligarono a recedere anche dal tentativo di conquistare Perugia.

Nel frattempo i tre cospiratori, fiancheggiati da Jacopo Bracciolini; da Bernardo di Bandino Baroncelli; da Napoleone Francesi; da due Salviati, rispettivamente fratello e cugino dell'Arcivescovo; dal prete volterrano Antonio Maffei e da Stefano Bagnone di Montemurlo, intensificarono i preparativi della congiura escludendo di ricorrere ad una rivolta generale dai dubbi esiti: quando i Medici fossero stati liquidati, i Fiorentini avrebbero approvato la loro azione come già era accaduto a Milano, dopo l'assassinio di Galeazzo Sforza.

Essi chiesero, pertanto, l'appoggio del vecchio Jacopo de'Pazzi che, covando animosità per i rivali, percepiva la pericolosità dell'impresa: decise di approvarla, solo quando il Capitano pontificio Giovanni Battista da Montesecco gli assicurò la partecipazione del Papa.

Francesco tornò a Roma per gli ultimi accordi con Sisto IV, Riario e l'Ambasciatore del Regno partenopeo: a supporto dell'intrigo, alloggiarono truppe in area perugina; ne affidarono altre di riserva a Lorenzo Giustini di Città di Castello; piazzarono alcuni contingenti in Romagna con Gian Francesco da Tolentino.

Bisognava solo promuovere l'occasione giusta a sorprendere i due Medici.

Essa maturò nella primavera del 1478, quando il diciottenne Cardinale Raffaele Sansoni, figlio di una sorella di Girolamo Riario, recandosi da Pisa a Perugia dov'era stato nominato Legato, non a caso passò per Firenze. In suo onore, Jacopo de ‘Pazzi organizzò un sontuoso banchetto nella villa fiesolana di famiglia ed estese l'invito ai Medici, contando di avvelenarli. Ma una improvvisa indisposizione di Giuliano fu causa del rinvìo del duplice delitto.

La domenica del 26, allora, Sansoni invitò tutti alla funzione religiosa che avrebbe officiato in santa Maria del Fiore per ringraziare quanti avevano organizzato la festa del giorno avanti: si convenne che, durante la Messa, quando il Sacerdote avesse elevato l'Ostia consacrata e le due vittime fossero state inginocchiate e a capo chino, Francesco de'Pazzi e Bernardo di Bandino Baroncelli avrebbero infierito su Giuliano, mentre Lorenzo sarebbe stato colpito da Giambattista Montesecco. All'ultimo momento però, costui rifiutò di commettere un sacrilegio e fu sostituito da Antonio Maffei e Stefano di Bagnone. Salviati, Bracciolini e gli altri avrebbero nel frattempo occupato il Palazzo della Signoria ed incitato il Popolo alla sollevazione.

La mattina del 26 i congiurati erano già nella chiesa gremita: Lorenzo giunse col Porporato, ma Giuliano era ancora sofferente: Francesco Pazzi e Bernardo di Bandino, allora, si recarono presso la sua abitazione per sollecitarlo a partecipare alla funzione.

Machiavelli scrisse che ... E' cosa veramente degna di memoria che tanto odio, tanto pensiero di tanto eccesso si potesse con tanto cuore e con tanta ostinazione di animo da Francesco e da Bernardo ricoprire; perché, condottolo nel tempio, e per la via e nella chiesa con motteggi e giovanili ragionamenti lo intrattennero: nè mancò Francesco, sotto colore di carezzarlo, con le mani e con le braccia stringerlo, per vedere se lo trovava o di corazza o d'altra simile difesa munito....

L'ignara vittima, che indossava sempre il giaco sotto le vesti, a causa del dolore ad una gamba non mise l'armatura: una volta in chiesa, seguìto da Francesco de'Pazzi e Bernardo di Bandino, si diresse verso l'altare mentre Antonio Maffei e Stefano di Bagnone prendevano posto accanto a Lorenzo.

Al segnale convenuto, Bernardo inferse una pugnalata al petto di Giuliano e Francesco affondò la lama diciannove volte, con una furia tale da ferire se stesso. Contemporaneamente Antonio e Stefano piombavano su Lorenzo che, pur ferito al collo, spalleggiato dai pronti Scudieri Andrea e Lorenzo Cavalcanti, sguainò la spada: disorientati i due assassini arretrarono mentre Bernardo di Bandino uccideva Francesco Nori, che si poneva di traverso per coprire la fuga del suo Signore verso la sacrestia con un gruppo di fedelissimi fra cui Angelo Poliziano: nel dubbio che i pugnali degli attentatori fossero avvelenati, Antonio Ridolfi coraggiosamente succhiò il sangue dalla ferita del Medici sopravvissuto, prima di fasciarla.

In città si sparse immediatamente voce che i due fratelli erano caduti sotto i colpi nemici; ma Lorenzo era già a casa, scortato dagli uomini del devotissimo Sismondi della Stufa.

Il Cardinale Riario si nascose mentre, secondo i piani, Salviati e Bracciolini si recavano al Palazzo della Signoria ove facevano sapere al Gonfaloniere Cesare Petrucci di dovergli parlare a nome del Papa. Intuìto il tranello, il Magistrato ordinò la chiusura delle porte e l'arresto degli intrusi. Jacopo de'Pazzi, intanto, compariva con i suoi sgherri in Piazza della Signoria gridando Libertà: lungi dall'essere acclamato, fu assalito da una folla inferocita e fuggì fuori le mura, ove le truppe del Papa e degli alleati attendevano il significativo suono delle campane.

Esse suonarono: ma il loro rintocco richiamò altri Popolani che, al grido di Palle, palle ispirato allo stemma mediceo, si scatenarono con furia spietata in una incontrollabile caccia all'uomo risoltasi con un centinaio di morti: pezzi di cadavere degli oppositori dei Medici furono infissi sulle lance e portati in giro come trofei.

La congiura era fallita.

A poche ore dall'agguato mortale nel quale aveva perduto la vita Guliano, Francesco de'Pazzi ed il Primate Salviati penzolavano impiccati dalle finestre del Palazzo della Signoria; il Cardinale Sansoni si salvò a stento; Guglielmo de'Pazzi ebbe risparmiata la vita per le suppliche inoltrate dalla moglie Bianca al fratello Lorenzo; Renato de'Pazzi, l'unico della famiglia che non aveva aderito alla cospirazione, fu impiccato con Jacopo; Giovanni Battista di Montesecco fu decapitato dopo aver rivelato i dettagli del disegno ed il ruolo svoltovi dal Papa, indicato principale responsabile; Napoleone Francesi fuggì; Bernardo di Bandino Baroncelli, fuggito a Costantinopoli, fu consegnato da Maometto II a Lorenzo de'Medici e il 29 dicembre del 1479 fu giustiziato mediante impiccagione ad una finestra del Bargello a Firenze; Stefano da Bagnone e Antonio Maffei furono impiccati in Piazza della Signoria mentre erano già quasi esanimi; i Pazzi superstiti furono tutti arrestati, rinchiusi nella fortezza di Volterra e privati dei beni: il loro nome fu cancellato da tutti i documenti ufficiali ed i loro stemmi furono rimossi anche dai fiorini coniati dal loro Banco.

Il 26 divenne giorno della memoria di Giuliano il cui figlio illegittimo, istruito ed allevato dallo zio Lorenzo, fu avviato alla carriera ecclesiale: era il futuro Clemente VII, primo Papa mediceo.

Sisto IV ebbe l'impudenza di scomunicare Firenze ma fu isolato dal contesto politico, in particolare quando Ferrante d'Aragona appoggiando Lorenzo, ne favorì il rafforzamento politico.

Bibliografia: